Ago
09
2011

Per non dimenticare… di Gigliola Sbarbati

Avevo quattro anni quando i miei zii mi portarono a vivere in Via Bixio n,21,

ultima casa nel cuore della fabbrica.

La darsena, il porto la imponenza grigia dell’Italcementi hanno segnato la

mia crescita all’ombra della prima e poi della seconda ciminiera.

Ho sempre guardato ogni mattina da sotto in su questi due colossi che

sapevano delicatamente oscillare ai venti forti dell’inverno.

Quante cose ho visto, quante esperienze quante gioie e quanti dolori.

Seduta davanti al finestrino del sottotetto ho seguito ogni movimento che

gli operai facevano.

Si gli operai. Lavoravano sodo occupati in diversi lavori e si muovevano sicuri,

forti con gesti precisi, competenti.

Ho seguito le lotte fatte per la sicureza di un non cospicuo salario; li ho visti

soffrire per un compagno caduto, ammalato li ho visti uniti nel portare conforto

ai familiari di qualche scomparso.

Li ho visti divisi in alcune circostanze ma solo per attimi poichè la fabbrica era la

ragione fondamentale della loro esistenza.

Suonava presto la sirena al mattino a raccogliere gli operrai al timbro del

cartellino.

La foresteria accoglieva i giovani lavoratori senza famiglia o quelli provenienti

da altre regioni. SI

La grande famiglia dell’Italcementi ! !

Ho visto alternarsi direttori generosi, competenti e sicuri, impiegati e operai;

ho vissuto con loro, ho festeggiato, ho riso e ho pianto.

Il rumore del frantoio che triturava la pietra calcarea proveniente dalle cave

di Arcevia è stata la musica che ha accompagnato i miei studi le mie insonnie,

i miei giochi.

A vent’anni ho lasciato Via Bixio ma sono tornata quasi ogni giorno a sedermi

alla darsena e osservare il lavoro di tutti fino al momento in cui fu decretata

dall’alto la sua completa chiusura.

Poi……. un giorno si e presentata la prima ruspa gigante che ha cominciato a

colpire quei mattoni che molti di noi avevano toccato con grandissimo amore.

Ogni colpo staccava un pezzo di vita intensamente vissuta e nella mia mente

ho rivisto tutti gli operai conosciuti nei primi vent’anni; ho rivisto le tute, le

mani sapientemente occupate, i capelli dal nero al grigio.

Ora la fabbrica non esiste più, altri edifici sorgeranno ma io non posso

dimenticare nessuno di loro non voglio dimenticare gli operai che hanno dato

sangue e lacrime e tanto,tanto onesto lavoro.

L’ Italcementi è stato il vanto della mia città.

In questo periodo storico dove tutto viene cancellato, viene usato e gettato

nel cuore di noi senigalliesi ogni operaio è stato e sarà un fratello maggiore.

Scritto da Amici della Foce in: Poesie |

Responsabile Marco Giardini - Redazione: Abbati & Venafro
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